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Il teatro come finzione, come strumento per dissimulare la realtà, fa il paio con l'idea di Argante di servirsi della malattia per non affrontare "i dardi dell’atroce fortuna”. 

Il malato immaginario ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che un’esistenza ti mette davanti.

La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiaia, identificando di conseguenza il ruolo del malato con un attore anziano o addirittura vecchio, ma Moliere lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui 50 anni, proprio per queste ragioni un grande attore dell'età di Emilio Solfrizi potrà restituire al testo un aspetto importantissimo e certe volte dimenticato. Il rifiuto della propria esistenza.

La comicità di cui è intriso il capolavoro di Moliere viene così esaltata dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno ad Argante e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici improbabili crea situazioni esilaranti.

Una comicità che si avvicina al teatro dell’assurdo, Moliere, come tutti i giganti, con geniale intuizione anticipa modalità drammaturgiche che solo nel ‘900 vedranno la luce.

Si ride, tanto, ma come sempre l’uomo ride del dramma altrui.

Una coppia decisamente borghese, lui cardiochirurgo, lei moglie in ansia per un figlio allo sbando, decidonodi passare una vigiliadi Natale diversa, unendosi a dei volontari che portano dei generi di conforto ai varibarboni sparsi sui marciapiedi o sotto i colonnati della città.Una notte piena di gratificazione, di linfa vitaleper un rapporto evidentemente stanco, annoiato. E lacoppia sembra riscoprire un modo nuovo di condividerele cose semplici, ma fondamentali della vita: fratellanza, compassione, solidarietà.Parole quasi dimenticate,bypassate da vite frenetiche, da stress, da corse sfrenate verso effimeri successi. A volte basta il sorriso diuno straccione per tornare a indagare su ciòche forse avremmo voluto essere, su ciòche forse avremmodovuto e magari voluto donare al prossimo. Una riflessione sull’auspicabile predisposizione alla bontàd’animo, alla gentilezza, alla tolleranza, che quasi sempre cozza con l’istinto animale alla lotta senzaquartiere, alla sopraffazione dell’altro. L’esperienza induce quindi la coppia a una riflessione piùampia sulsenso stesso della vita e a provare, per la prima volta dopo tanto tempo, una strana sensazione diappagamento. Essere buoni nonèpoi cosìdifficile. E’con questo sapore che Emilio e Barbara si coricano e,probabilmente, dopo tanto tempo tornano a fare l’amore. Al mattino seguente, il giorno di Natale, ilcampanello di casa squilla. Sulla porta Ivano, 50enne, decisamente alticcio, con tanto di dreadlocks eabbigliamento sudicio. Ivanoèun vecchio compagno di classe di Emilio e Barbara ed ha rintracciatol’indirizzo perchéun biglietto da visita di Emilioèinavvertitamente caduto dal suo portafogli. Fuori stascendendo la sera e una tempesta di neve sta spazzando la città.E’la dura realtàabussare la mattina diNatale al portone di Emilio e Barbara. Ma quelle nocche sporche di grasso e puzzolenti di alcool da 4 soldibussano per la prima volta davvero anche alle anime della coppia borghese e politically correct. Nonèpiùuna semplice digressione esistenziale quella che hanno davanti ai loro occhi. C’èda prendere una decisione.Il divano Chesterfield da migliaia di euro sembra impallidire di fronte a quell’ammasso di straccipestilenziali! Che fare

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L’Amleto di Shakespeare è il testo teatrale più importante dell’era moderna. Vi è in esso un’analisi profonda dell’umano sentire, in rapporto alle problematicità del vivere quotidiano.

In questo senso per me, è il testo più moderno, più urgente, e come tale mi sprona più di ogni altro alla sua rappresentazione, anche in veste registica. Il mio impegno è quello di proporre al pubblico contemporaneo, uno spettacolo contemporaneo.

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Divertente commedia. Un ricco scapolo ha scialacquato tutti i soldi lasciatigli in eredità dal padre. Arrivato alla bancarotta è costretto a farsi prestare del denaro da un mafioso, a condizioni decisamente svantaggiose, per riuscire a far innamorare di sé una donna che sia però ricca e sola. Piuttosto che passare il resto della sua vita in miseria Henry è disposto a rinunciare alla sua vita di scapolo, ma solo temporanemente. Il suo piano infatti è quello di sposarla, ucciderla, ereditare e ricominciare a godersi la vita come aveva fatto fino a quel momento.

Nasce così una anomala e divertente storia d’amore tra l’ex milionario spiantato ed una ricca ma goffa ereditiera appassionata di insetti, che si potrà uccidere o amare…

Una inedita coppia di attori in scena per regalare al pubblico novanta minuti all’insegna del buonumore!

La Lupa è radicalmente feroce. Il suo fascino è esercitato su tutti coloro che le stanno vicino senza pietà, come un maleficio che porta sofferenza, dipendenza e morte. È lei oggi, fuori dalla Sicilia di Verga, una figura distruggente, che non ha nessuna attenuante né psicologica né storico-sociale.

 

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È Natale, fuori nevica ed è perfetto così, i regali sono al loro posto sotto l’albero, le luci e le note festose hanno invaso le stanze e su tutto si è appeso violentemente un profumo da donna. Di quale donna, delle otto che sfarfalleggiano in casa? Forse quella che ha pugnalato Marcel, tagliato i fili del telefono, trasformando una bella dimora di campagna in una prigione di paura. E quando il fiato è sospeso, alla fine sotto quel profumo di donna si scopre un gran puzzo di morte. C’è un mistero e intorno a esso... otto donne. Adesso sì che è tutto perfetto. La struttura drammaturgica della commedia thriller di Robert Thomas è un ingranaggio perfetto per sedurre lo spettatore contemporaneo ormai abituato alla nuova generazione di criminologia psicologica. Thomas offre inoltre quel valore aggiunto dei grandi scrittori di dosare con maestria la comicità noird’oltralpe, di fare emergere sfacciatamente la lamina sarcastica e comica della vita contro la morte. E lo fa attraverso la figura madre: la donna. Ne sceglie otto: le più diverse, perché non sono personaggi ma personificazioni distinte della stessa identità-matrice. Come una GrandeMadreche si fa Natura, Madonna, Dea, Terra e Morte. Una prova d’attrice che con questa messinscena vogliamo fare emergere in chiave contemporanea, sia da un punto di vista recitativo che registico. Una compagnia di donne ditalento che scuoteranno le viscere drammaturgiche del testo con i loro segreti, le loro ambizioni verminose, le perverse visioni interpersonali, la loro arcaica animalità. Nessuna complicità, nessuna affinità non battezzata come ipocrisia e invidia tra ledonne, come è e come sempre sarà.

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COMMEDIA ESILARANTE!!!  Dall’autore de ”L’inquilina del piano di sopra” un vero e proprio meccanismo ad orologeria fatto di tempi perfetti, di entrate ed uscite a ripetizione e di continui colpi di scena.

Intrighi, sotterfugi, equivoci, ipocrisia, per una vicenda che mette a nudo la parte più meschina e cinica dell’animo umano, che dovrebbe scandalizzare, ma che invece cattura lo spettatore, coinvolgendolo in un vortice di comicità e regalandogli due ore di divertimento e risate.

In scena, nei panni dei protagonisti, due attori d’eccezione: l’esilarante Gianfranco Jannuzzo e la splendida Debora Caprioglio; la regia e l’adattamento sono affidati a un maestro della commedia teatrale: Patrick Rossi Gastaldi.

“Io non sono un animale ! Sono un essere umano ! Sono... un... uomo” (J. Merrick)

Uno spettacolo sull’umanità, la dignità e il dolore che si nasconde sotto una maschera mostruosa

“La donna di garbo è la prima commedia di carattere da me disegnata ed intieramente scritta” (Carlo Goldoni)
A questa commedia infatti, si fa risalire l’incipit di quella che sarà la grande riforma teatrale del Goldoni. Inoltre nella commedia appare il personaggio di Rosaura, il capostipite di una schiera di personaggi femminili scaltri, indipendenti e intraprendenti, che popoleranno, illustrandoli, i futuri lavori dell’autore. Tanto è da considerarsi attuale il carattere della nostra protagonista, che Goldoni dovette sforzarsi per far digerire ai suoi contemporanei il fatto che una donna, figlia di lavandaia, potesse esser tanto erudita ed evoluta, oltre che scaltra, da potersi far gioco di tutti gli uomini in cui s’imbatte, come avviene nella commedia. Ma la fatica che dovette fare, consegnò all’autore un personaggio che non scade ancora oggi di interesse e brillantezza. Ce ne sarebbe abbastanza, dal mio punto di vista, per giustificare una nuova edizione della commedia, che però ha davvero molte frecce al suo arco, oltre ai motivi di interesse già espressi. 

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A distanza di dieci anni dal successo ottenuto in occasione della sua prima presentazione sotto forma di concerto spettacolo al Teatro Antico di Taormina nell’estate del 2001, e visti i numerosi consensi espressi da autorevoli personalità del mondo della cultura e dello spettacolo sulla validità artistica e musicale del progetto ritorna nella  sua definitiva messa in scena la storia del bandito-eroe siciliano più noto al mondo..

Salvatore Giuliano: un personaggio, una leggenda siciliana da raccontare in musica. Da rivivere attraverso un originale impasto di versi, parole recitate, suggestioni sonore. Un progetto che rievoca un pezzo importante di storia italiana, con tutto il suo carico di ambiguità e di ferocia, fra il 1943 e i primi anni del secondo dopoguerra. 

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L’innocente è la storia di un infanticidio, di una malattia psichica, di un amore nevrotico, ma, innanzitutto, la storia di una confessione. Il protagonista, Tullio Hermil, è il tipico antieroe dannunziano, giovane esteta vittima di una sensualità disperata che lo porta a tradire ripetutamente la moglie Giuliana. Proprio a causa di questi continui tradimenti Giuliana si spingerà tra le braccia di uno dei più letti scrittori dell’epoca. Una grave malattia, contratta dalla stessa Giuliana, porterà Tullio a riavvicinarsi a lei nonostante la scoperta del tradimento. Sarà però la scoperta che la moglie aspetta un bambino, frutto della relazione extraconiugale, che getterà Tullio in una profonda crisi. Conscio che la propria totale mancanza di attenzioni ha spinto Giuliana tra le braccia dell’amante, il nostro protagonista deciderà di perdonare la moglie dirigendo il suo odio verso il bambino. Mascherando il suo tormento durante la gravidanza prenderà forma l’idea di uccidere il nascituro, con il tacito consenso di Giuliana.

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E’ la storia di due coniugi, Lisa e Gilbert De Roy, sposati da quindici anni che conducono apparentemente una vita tranquilla e senza preoccupazioni, ma il tradimento è in agguato e
inevitabilmente salta fuori L'Altro: serio e distinto! L'esatto opposto di lui, Gilberto! E a Lei, Lisa, quest'uomo nuovo più giovane e più bello non dispiace affatto. Anzi decide di abbandonare Gilberto e di partire con l'Altro per… la città dell'Amore, Parigi! Riuscirà Gilberto a dissuadere la moglie dai propositi di fuga? E Lisa, potrà mai perdonare il marito farfallone? Cosa potrebbe accadere se Lui, Lei, L'Altro, la segretaria (sexy!) di Lui e una colf impicciona si trovassero a dover passare un weekend tutti assieme 'appassionatamente'? Un vero capolavoro del teatro cosiddetto "leggero" che da oltre un trentennio riscuote continui successi in virtù di una formula comica efficacissima che porta inevitabilmente anche a riflettere su certe dinamiche di coppia. L'Anatra all'Arancia è ancora oggi una commedia in due atti spassosa e frizzante un meccanismo comico efficacissimo. 

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Per la prima volta in Teatro la novella traumatica che fonde in modo assai compiuto il sogno e la realtà, Freud e il romanzo d’appendice, e da cui Stanley Kubrick, con Eyes Wide Shut, ha tratto il suo ultimo capolavoro del tutto incompiuto.

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E' giusto aiutare qualcuno a congedarsi dalla vita quando vengono a mancare il sorriso, l'amore o anche solo la speranza della felicità? E' giusto proteggere un fratello assassino e un fratello pazzo ad ogni costo, coprire i loro misfatti in nome del sacro vincolo famigliare? E' giusto rivelare ad un figlio adottato in fasce e ormai divenuto un uomo che quella non è la sua famiglia naturale?

Non cercate la risposta in un libro di filosofia, in un trattato di sociologia e nemmeno tra le vette dipinte da Shakespeare o da Strindberg. Non cercate la risposta nella tragedia greca, né nella disgraziata famiglia del Commesso Viaggiatore.

Troverete tutto, invece, in "Arsenico e Vecchi Merletti" di Joseph Kesselring. Un capolavoro che è ad un tempo giallo e commedia; operetta morale e macchina comica, dove si pensa con il sorriso e si sorride con il pensiero.

Pensate un po'; da bimbo, mia madre me la raccontava come una favola: "C'era una volta un grande casa con due vecchie signore, un cimitero, una cantina, un matto che suona la tromba e un mostro alto due metri...".

Mia madre finiva la storia e io le chiedevo: "Ma la morale? Qual è la morale?".

Lei non mi rispondeva.

Venite a teatro. Sarò io a raccontarvi questa favola.

Ma non la morale. Quella la racconterete voi a me.

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Avere poteri divini non è cosa facile, ed anche quattro Dee navigate ed esperte come Afrodite, Artemide, Atena ed Estia soffrono la loro condizione diventata ormai frenetica e routinaria quanto eterna. Nel loro ufficio in cui quotidianamente smistano e valutano le preghiere rivoltele dagli esseri umani tutto sembra procedere nervosamente bene da millenni, fino a quando un giorno Estia, la dea della casa, scompare misteriosamente lasciando le tre dee nel panico, tanto da portarle alla decisione di assegnare un potere divino ad un’umana! ...

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Una grande struttura funambolica in perenne equilibrio tra illusione e verità che può riassumersi in questa breve esclamazione: tutto il teatro recita!!

“Tutto il teatro recita!” scriveva entusiasta Pirandello dopo aver assistito alla prima tedesca di Questa sera si recita a soggetto, scritta nel 1930, durante il suo volontario esilio berlinese. Questa breve, lapidaria, affermazione è una sintesi perfetta delle emozioni che si provano rileggendo l’opera: una prepotente dialettica di suoni, di luci, di colori, di passioni elementari. Giovanni Macchia, in un suo saggio, non esita ad accostarla ai mystères medievali o alle feste carnevalesche dove la realtà veniva sovvertita a favore di un nuovo ordine liberatorio. E, per certi versi, è ciò che avviene in questa commedia “dei conflitti” dove all’autore si sotituisce l’egemonia del regista, poi degli attori, poi del pubblico e infine dei personaggi stessi (... in cerca di un autore?) che prendono il sopravvento. Una grande struttura funambolica in perenne equilibrio tra illusione e verità che può riassumersi proprio in questa breve esclamazione dell’autore: Tutto il teatro recita! E’ un trionfo dell’arte scenica, che vede protagonisti non soltanto gli interpreti di questa storia ma anche le luci, i palchi, la platea, il sipario (Pirandello, nelle sue didascalie, lo muove continuamente, lo fa alzare e calare a ogni scena, a ogni interruzione; lo usa come spartifuoco tra pubblico e palcoscenico) e che si compie pienamente nel terzo atto dove, quasi per scommessa, l’autore riesce a commuoverci con una delle più tragiche e strazianti scene di teatro anche se l'artificio teatrale viene preparato sotto i nostri occhi, nel momento stesso in cui gli attori stanno per divenire dei personaggi! 

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“Mamma ce n’è una sola”, recita il famoso detto. Ebbene non sempre: in questa storia ce ne sono due!

Giuseppina è una donna di mezza età, giovanile, simpatica, cordiale e spiritosa. Nasconde un segreto: a vent'anni ebbe un figlio (Valentino) da un uomo che subito la abbandonò. Troppo povera per poterlo allevare, Giuseppina affidò il bambino ad un orfanotrofio, ma ne seguì sempre le vicende da lontano. Il piccolo fu adottato da una coppia benestante,crebbe, ebbe successo come regista televisivo e sposò la bella Carolina.

Un giorno, Giuseppina non resistendo più alla voglia di vedere il figlio ormai trentacinquenne, si presenta in casa di lui offrendosi come governante. Si accorge subito che il matrimonio di Valentino e Carolina è in crisi e si da da fare per risolvere i loro problemi : La gelosia (peraltro giustificata) di Carolina, la superficialità di Valentino che, per interesse al proprio lavoro, si presta a soddisfare le voglie sessuali di un potente uomo politico, presentandogli giovani attricette a caccia di notorietà. Con abilità, esperienza di vita e fantasia, Giuseppina riesce a mettere le cose a posto. L'amore rinasce tra i due giovani sposi che finalmente si accorgono di aspettare un figlio.

Assolto il suo compito, Giuseppina si licenzia e, sorda alle suppliche di Valentino e Carolina che le si sono affezionati e ormai la considerano "di famiglia" se ne va senza rivelare il suo segreto. Tornerà, un giorno, per conoscere il nipotino? Forse. Con Giuseppina, cuore di zingara, non si sa

mai.

Una commedia che diverte con elegante ironia! 

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